“Quando adagio è un sostantivo, indica un movimento musicale molto calmo, intermedio tra l’andante e il largo, e anche il pezzo che va eseguito in questo modo”
Ogni motociclista ha la propria indole. Tendenzialmente la mia è quella di andare Adagio. Già detto ? Si.
Ma non solo. Quando gli altri motociclisti in massa migrano verso i noti punti di ritrovo , così come fanno gli uccelli migratori che si ritrovano in un campo a centinaia prima di una partenza, alcuni di noi sentono di non doverlo fare…siamo quelli spennacchiati e solitari che restano appollaiati sul cavo del traliccio elettrico.
Una volta partito lo stormo ,prendono e volano nel verso opposto ad esso.
Tra la speranza e una preghiera in questi pochi chilometri di non essere centrato dal marquez “de noialtri” dello “stormo” che sale in direzione opposta, dalla montagna oggi raggiungo la pianura , punto di partenza del mini tour.
Oggi è deciso : foce del fiume Adige. Un’itinerario per lunghissimo tempo rimandato essendo considerato vicino.
Nel frattempo sono passati anni che poi sono diventati diversi decenni in cui nel frattempo hai cambiato morose, case,lavori, moto, fisionomia,peso e chi ne ha più ne metta ma non l’hai mai fatto “perchè tanto è qui vicino”.
Ma se il concetto “tanto è qui vicino” mentalmente è rimasto inalterato nella percezione della distanza, oggi come oggi fisicamente assume ben altra consistenza.
V85TT nella configurazione standard con rigoroso kit di valigie da viaggio, perchè si spera che si possa stare via più del previsto (magari) , passaggio di rigore alla bottega/panificio e scorta viveri di focaccia simil pizza appena sfornata. Una cosa che adoro di questa moto è l’autonomia ed i consumi. Ho ancora un bel po’ di carburante dall’ultima uscita.
Il navigatore processa la traccia e propone un tempo di percorrenza di 3hr e 09 minuti per l’esagerata distanza di 140km. Solo due anni fa non sarei nemmeno uscito per una “uscita” breve di questa portata. Ma i tempi cambiano. Io anche. Mi sento abbastanza rottame. E poi 3hr andata e altrettanto ritorno sono 6 abbondanti.
L’inizio dell’affiancamento al fiume sulla strada avviene in prossimità di Zevio non a caso nel “Quartiere Adige“. La fantasia veronese è illimitata. Ronco all’Adige e poi Albaredo d’Adige. Proseguiamo lungo la strada adiacente al fiume.
Per il viaggiatore distratto ,sia mai che si possa dimenticare che siamo in veneto, passiamo Veronella e pure Cologna Veneta.
Siccome i veneti amavano disboscare allegramente ed incoscientemente già dal medioevo, ad oggi nella zona Roveredo di Guà , di Rovere (albero da cui appunto deriva il nome) non esiste più alcun rappresentante di tale specie. Anzi credo di alcuna specie di albero.
Si dissero.. e ora che facciamo ? Rimboschiamo ? No!
Non esistendo più alcun “Roveredo”…appiccichiamo il nome del piccolo fiume Guà… almeno fino a quando il piccolo rivolo scorrerà… Poi ci penseremo. Ci penseranno.
“E che se ciava anche i neodi…intanto tajemo i albari!”.
I motoviaggiatori lo sanno: la pianura padana per quanto riguarda la temperatura da maggio ad ottobre nelle giornate di sole fa passare la voglia di essere motociclista.
Non esiste abbigliamento traforato o ventilato che tenga.
Se dice il contrario mente.
Se lo ha vissuto lo sa.
Chi ha attraversato le statali padane in estate ha rimpianto di non essere in costume con le infradito sul bordo di una piscina comunale..o già su un passo dolomitico o appenninico . Qualsiasi altro luogo . Ha rimpianto persino di avere declinato l’invito al matrimonio del cugino della compagna, pentitissimo nel madido di sudore dell’abbigliamento tecnico. Sarebbe stato prima in qualche chiesa al fresco nelle retrovie e poi in un qualsiasi ristorante con il condizionatore…e prosecco ghiacciato in mano.
Peraltro aree come queste, se passi sulla statale da punto A a punto B diciamocelo, non sempre donano piacevoli panorami.
Sovente disomogenee e scialbe scatole commerciali competono in bruttezza con lunghe file di squallide case,spesso non tinteggiate, che non hanno alcun senso di continuità , di stile , di epoca, di colore, di utilizzo. Se si aggiungono esercizi commerciali chiusi ed abbandonati a favore di grandi ipermercati la tristezza aumenta.
Immagino che ci debba essere stato un periodo,non lungo, ma lunghissimo evidentemente in cui si poteva presentare qualsivoglia progetto edile.
Per forza di cose deduco che fossero realizzati sulle carte dei salumi tra amici alticci e barcollanti occupando un tavolo di formica in uno dei tanti piccoli bar.
Essi poi venivano allegramente accettati dall’ente preposto locale. Perchè “semo amici…o mezi parenti..”
Lavorava l’impresetta edile familiare locale, che si vedeva magicamente passare il terreno da agricolo ad edificabile, e muoveva l’artigiano locale che fosse capace o meno , la banchetta con il direttorino e via dicendo.
Non credo abbia altra spiegazione uno sviluppo urbanistico tanto disordinato quanto disarmonico. Alcool , improvvisazione e “va ben tuto”. Ma ci sono anche fior fior di ville.
Qua e là. Come piovute dal cielo. E roba da “DALLAS” mica la casetta contestuale..al territorio.Leoni di pietra, colonne da templi, cancelloni che tu normale umano dalle entrate limitate ti ci compri l’auto usata per la famiglia da tenere 20 anni.Sono misteri. Padani.
Se così è vista, questa pianura è francamente una autentica, bruttina e noiosa rottura di coglioni. Mio opinabile parere ovviamente.
E’ uscendo,come quasi sempre accade, dal tragitto delle strade “normalizzate” che si scoprono fortunatamente anche in queste località particolarità, paesaggi e bellezza.
Sono le zone rimaste rurali. E allora ti rincuori. Sfuggite persino ai piani di insediamento di zone artigianali/industriali.
Solo dopo avere messo un bel po’ di belle vedute negli occhi è il tempo della sosta, tra prati in fiore.
La focaccia acquistata al panificio alla partenza sembra, se possibile, ancora più buona.

Il meteo è clemente e 17 gradi sono l’ideale per poter girare queste zone. La pianificazione del tragitto mi fa evitare le strade trafficate. Seguo il Guà lungo il suo percorso e giunti a Borgo Frassine lo stesso corso d’acqua diventa Frassine.
Come? Non capisco. Prima del ponte a ovest si chiama Guà dopo il ponte sulla SP19 a est si chiama Frassine. E quando parte si chiama Agno. Come se io avessi cambiato 3 nomi sulla carta di identità nei tratti attraversati. Ad ogni modo,l’ignoranza e la pigrizia vincono sulla curiosità e non voglio approfondire.
Lentamente scivola sotto le ruote la strada che costeggia il Frassine, e fino ai colli Euganei meridionali il traffico è scarsissimo.
Non mi inoltro sulla strada bianca proposta dalla traccia in quanto non sembra promettere affatto nulla di buono per la mia spalla dolorante. Il solo pensiero di mettermi in piedi sulle pedane e mettere in estensione il braccio mi fa rimpiangere il divano.
Monselice è l’unico tratto trafficato ma nulla di particolaramente fastidioso. Quando sei abituato a fare tanti chilometri senza alcun mezzo anche 10 all’incrocio diventano tanti.
Nei pressi di Anguillara Veneta (ti pareva…) si torna ad essere l’unica moto sul tragitto.
Sulla destra l’Adige scorre ed il suo imponente argine resta alto rispetto al casco, mentre a sinistra la campagna pianeggiante è a perdita d’occhio.
Sono tantissimi i casolari abbandonati , come lungo il Po , e sulle loro mura o quel che resta di pergolati e terrazzi non manca mai un glicine.
Oggi sono tutti fioriti , profumatissimi ed inebriano.
Piacevoli i chilometri in sella e nei campi a lato e là dove le macchine non possono o ancora non convengono, ci sono braccianti.
Qualcosa nella catena dei prodotti non mi torna. Eticamente in primis.
Sul ciglio della strada insegne improvvisate realizzate con cartoni propongono invitanti cestini di fragole nostrane a 50 centesimi al cestino ed asparagi freschi a 3.5 euro al kg.
Vorrei un bauletto frigo ma non ce l’ho e tiro dritto senza cedere alla tentazione . L’immagine di trasformare le fragole e gli asparagi in calda marmellata rosso verde all’interno del Kappa posteriore mi fa subito desistere.

La vista di uomini affaticati nei campi stride con quella di un enorme drone che solo qualche decina di km prima sorvolava un campo e trattava le piccole piante appena germogliate. Mi chiedo cosa faranno queste persone quando anche in questo settore la tecnologia avrà soppiantato la manodopera.
Sono presto alla foce sul lato sinistro del fiume, e il campeggio all’Adige sembra un deposito di containers spiaggiati e naufragati da una nave mentre un leggero via vai di persone muove le piccole barche nel molo sottostante. Poca gente ma già troppa .

In sella e quindi ad ovest per poi arrivare tramite la stretta strada dell’argine destro ancora verso est alla torre panoramica. Nel parcheggio poco distante da essa c’è qualche altra moto.
Quattro passi e finalmente il mare e la sabbia sotto alle suole, il suono delle onde sulla battigia. Quello che volevo.
La natura è sempre pura magia.
Davanti al mare spengo i pensieri.
Pensieri di questo periodo di un mondo che non va per nulla per bene.
Nessuna conversazione,nessuna voce.
Il profumo salmastro e l’ipnotico infrangersi delle onde mi riportano ad uno stato di quiete piacevole. Giungo ad assopirmi al tiepido sole con la schiena appoggiata ad un grande masso. Sembra trovare sollievo persino la mia spalla.
Un cane appare in lontananza, scondinzola e svanisce. E’ ora di tornare.

Il ritorno a casa è sostanzialmente il percorso dell’andata a ritroso , sempre in base al fatto che il traffico è davvero scarso. Il cielo non è bellissimo ed il grigio evolve in nere nuvole che promettono pioggia e l’odore di essa nell’aria cambia il mio ritmo di viaggio che da Adagio diventa Adagietto e poi Andante moderato.
Arrivo nel box e spengo la moto, che meriterebbe poveretta una lavatina.
Soddisfatto di averlo fatto questo giro, pur breve.
Ne valeva la pena? Si.
Un tragitto semplice semplice ma lontano dal traffico e centri abitati caotici.
Quando domani la spalla sarà dolorante i ricordi e le sensazioni di questa bella uscita saranno per me il miglior anestetico possibile. Per la spalla ma non solo.
